Una grande affluenza di pubblico ha caratterizzato l’incontro che si è svolto nel pomeriggio del 16 gennaio presso l’Istituto Italiano di Cultura a Tirana, che ha visto protagonista la scrittrice Diana Çuli e i suoi libri tradotti in italiano: Scrivere sull’acqua, nella traduzione di Eugenio Scalambrino, Angeli armati, tradotto da Lea Sinoimeri, entrambi pubblicati da Besa Muci Editore e Assassinio nel palazzo del governo, edito da Castelvecchi Editore nella trasposizione di Elda Katorri. In dialogo con l’autrice Anna Giulia Buonanno, docente di lingua e cultura italiana e Anna Lattanzi. Presente per RTSH, il giornalista Tom Therçai.
A introdurre l’evento di Albania Letteraria, in collaborazione con IIC, il direttore dell’Istituto Alessandro Ruggera, che ha avuto belle parole per il lavoro di Albania Letteraria e per la collaborazione, che da più di un anno va avanti tra le due realtà, portando in Istituto autori tradotti in italiano. Ruggera ha rimarcato l’importanza che la letteratura e la cultura assumono in qualità di anello di congiunzione tra i due Paesi.
Un lungo percorso in vari settori quello di Diana Çuli, che Anna Lattanzi ha sintetizzato, sottolineandone i momento più salienti. Giornalista sin da giovanissima, autrice prolifica e pluripremiata, apprezzata in Patria e all’estero, è stata un’attivista impegnata nella lotta per il riconoscimento dei diritti delle donne sin dai primi anni Novanta.
Diana è stata Presidente del Forum Indipendente per la Donna albanese, la prima ONG del Paese delle Aquile a sostegno dei diritti delle donne. Da allora, l’autrice è diventata promotrice di progetti a favore delle donne, oltre che di iniziative di studi e ricerche sulla condizione femminile. Insieme all’Organizzazione, ha collaborato con diverse ONG italiane impegnate nella battaglia per i diritti delle donne e per il riconoscimento del loro giusto ruolo nelle varie fasce della società.
Senza mai trascurare il suo lavoro in campo culturale, favorendo gli scambi tra Italia e Albania, motivo per cui nel 2012 è stata insignita del riconoscimento al merito dall’allora Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, Diana si è dedicata alla scrittura, con passione e impegno.
Diana Çuli ha all’attivo 11 romanzi, 2 antologie, 2 opere teatrali, di cui una messa in scena al Teatro Nazionale di Tirana e 2 sceneggiature. I suoi libri sono stati tradotti in varie parti del mondo.
Gli interventi di Anna Giulia Buonanno si sono concentrati sull’analisi degli elementi che più l’hanno colpita durante la lettura dei tre romanzi.
Vorrei sottolineare un’impressione che riconduce all’ordine cronologico con cui i libri sono stati scritti. Scrivere sull’acqua e Angeli Armati sembrano narrare di una rottura storica e dolorosa, mentre Assassinio nel Palazzo del governo appare come un auspicio di riconciliazione.
La docente ha sottolineato un punto interessante, che accomuna i volumi.
In ogni libro Diana introduce il punto di vista dello straniero sull’Albania. Addirittura in Scrivere sull’acqua sono due gli stranieri che si esprimono sul Paese.
La scrittrice ha spiegato che tutto quello che si ritrova nei suoi libri, dalla storia che anima i racconti, ai punti di vista dei personaggi, alle descrizioni paesaggistiche, sono frutto di vita e di studio, oltre che di capacità narrativa.
La prospettiva dello straniero, come si ritrova in Angeli armati, per esempio, è realistica, anche se non sono quelle le parole esatte scritte nelle lettere; io le ho modificate, ma i documenti esistono realmente. Anche i posti dei Balcani, descritti in Assassinio nel Palazzo del governo, sono frutto delle mie esperienze, dei miei viaggi realizzati durante i progetti nei quali ero coinvolta.
Il dialogo si è poi incentrato sulla presenza femminile nei libri, che nel thriller vede la donna al potere, quasi a ricordare l’impegno dell’autrice nel lavoro a sostegno della leadership femminile in Albania, una speranza realizzata, come ella stessa afferma.
Per fortuna, non è più un auspicio, ma è una realtà. Una volta ci chiedevamo se mai la donna avrebbe raggiunto le alte cariche e oggi lo vediamo già nella presenza femminile in Parlamento, decisamente aumentata. Sembrava utopia un tempo.
Fra i presenti tanti volti noti della scrittura, dell’editoria e della politica albanese, come Valentina Leskaj, Arlinda Dudaj, Anila Bisha, Ylljet Aliçka, Tom Kuka (Enkel Demi), Mariana Ymeri, Rexhep Hida, Diana Kastrati, Erion Gjatolli, Vera Bekteshi e tanti altri, tra cui lo scrittore Virgjil Muçi, che ha redatto, tempo addietro un articolo di critica su Angeli armati. Anna Lattanzi gli ha chiesto di intervenire e uno dei punti più rilevanti del suo discorso si è riferito alla posizione dell’autrice nella narrazione.
Se qualcuno mi domandasse quali libri ritengo i più belli degli ultimi trent’anni, Angeli armati sarebbe sicuramente tra questi. Si tratta di un volume bellissimo, non solo per la scrittura elegante, non solo per la storia toccante, che offre svariati spunti di riflessione, ma per come l’autrice sviscera le tematiche, per come si pone nei confronti della narrazione. Diana non porge al lettore una storia nuda e cruda, ma si pone domande, cerca di dare risposte concrete.
La maturazione letteraria della Çuli è andata di pari passo con l’evoluzione sociopolitica dell’Albania, che ha conosciuto un periodo di potente assestamento con la caduta del regime.
Ci siamo ritrovati di colpo a godere della libertà. Da essere autori costretti alla censura e all’autocensura, siamo diventati scrittori che potevano scrivere quello che volevano e come volevano. Non avevamo più scuse, eravamo noi e i lettori. Bisognava scrivere bene, nessuno più avrebbe potuto giustificare eventuali errori incolpando le restrizioni adottate dal regime. Abbiamo dovuto imparare a gestire la libertà e ci è voluto un po’ di tempo: la scrittura ha avuto un percorso evolutivo, non repentino.
Diana Kastrati, direttrice del Centro per gli Studi e le Pubblicazioni degli Arbëreshë, ha evidenziato come Dliana sia stata precursora del romanzo moderno, in Albania.
Ho conosciuto Diana in età adulta, avevo circa trent’anni e da allora è iniziato il mio rapporto con l’autrice e l’amica. Ho apprezzato sin da subito la sua scrittura, la sua prolificità e sono certa e mi auguro che produrrà ancora tanto, perché è una scrittrice di grande levatura e soprattutto ha introdotto, con la sua modaità, una nuova forma di narrazione.
Molto interessante l’intervento della traduttrice Elda Katorri, che si è occupata della trasposizione, in italiano, di Assassinio nel Palazzo del governo, vivendola come una sfida.
L’ho trovata un’esperienza molto interessante, proprio come la scrittura di Diana e poi mi è sembrato di abbattere un cliché, che vuole il traduttore necessariamente madrelingua.
L’incontro si è concluso con un rinfresco offerto da Diana Çuli.