Fatos Lubonja, scrittore e giornalista tra i più controversi dell’attuale panorama letterario e politico albanese, è un autore impegnato, soprattutto, a denunciare gli abusi di potere in qualsiasi forma si manifestino.
Nasce a Tirana nel 1951, figlio di Todi Lubonja, uno dei più stretti collaboratori del dittatore Enver Hoxha e capo della televisione nazionale albanese dai primi anni ’60. Nonostante i rapporti tra la sua famiglia e il regime fossero stretti, Fatos Lubonja si rende conto, molto presto, dei paranoici, pericolosi e distruttivi provvedimenti del governo totalitario.
Si occupa di letteratura sin da giovanissimo, scrivendo racconti in cui esprime le sue contrarietà nei confronti dei metodi coercitivi della dittatura e consapevole di questo, non chiede mai la pubblicazione dei suoi manoscritti.
Si laurea in Fisica Teorica nel 1974, nello stesso anno in cui suo padre cade in disgrazia, in quanto accusato dal regime di essere un liberale, nemico del partito e del popolo. In seguito all’arresto di Todi, la Sigurimi perquisisce la casa di famiglia scoprendo, così, gli scritti di Fatos, sebbene il giovane avesse provveduto a nasconderli in soffitta.
Come da copione, i suoi racconti vengono considerati dannosi e contrari ai principi del regime ed è con l’accusa di agitazione e propaganda contro di esso, che viene arrestato. Il verdetto di condanna è pesante e amaro: sette anni di lavori forzati da scontare presso la prigione di Spaç, dove lavora nelle miniere, a piedi nudi, al freddo e al buio. Il regime, però, non si accontenta della pena inflittagli: mentre è in carcere, nel 1979, lo raggiunge un’altra infamia, che lo vede appartenere a un circolo filo-sovietico e per questo viene condannato ad altri sedici anni di prigionia. Dopo tredici anni di lavori forzati, lo trasferiscono in una cella d’isolamento. Solo con la caduta del regime, nel 1991, torna alla condizione di uomo libero, dopo aver trascorso diciassette anni da prigioniero e aver superato un esaurimento nervoso dovuto alla reclusione.
Fatos Lubonja è uno scrittore apprezzato, pluripremiato anche in Italia, dove gli sono stati conferiti il Premio Moravia nel 2002 e il Premio Herder nel 2003. È segretario del Forum per i diritti dell’uomo, oltre che essere un intellettuale che analizza con profonda e cristallina lucidità la politica del passato regime e la controversa nuova democrazia albanese.
Diario di un intellettuale in un gulag albanese
Il riscatto della coscienza dalla barbarie di un socialismo reale.
Nel 1994 Marco Editore pubblica Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto della coscienza dalla barbarie di un socialismo reale per la traduzione di Elio Miracco, il libro con cui Fatos Lubonja si è aggiudicato diversi riconoscimenti letterari, tra cui il Premio Moravia.
Il Diario è quello che rimane del duro periodo del regime, oltre che essere un’opera letteraria, di impronta autobiografica e di grande spessore. Il suo percorso di vita è al centro della narrazione, che propone il dettagliato quadro storico di un Paese martoriato e controverso, stretto per quasi mezzo secolo nel dispotismo e nella violenza del regime, caratterizzati dalle pratiche di tirannia orientale e dall’autorità tipica occidentale.
Sono pagine di altissima drammaticità quelle scritte da Lubonja, in cui la ferocia e la brutalità di quegli anni emergono in tutta la loro virulenza. L’autore narra in maniera obiettiva, lucida e cristallina di quanto la società di intellettuali facesse paura alla dittatura, che per questo si è impegnata a distruggere la vita di chi era contro, trascinando chi ha potuto, al proprio servizio. È paurosamente realistico il ritratto che l’autore fa dell’Albania di quegli anni, non edulcorato, ne tanto meno intinto nelle proprie ideologie.
Racconta di vittime, di carnefici, di complici, di chi si gira dall’altra parte pensando che basti così poco per restare immacolati. Cosciente delle notevoli incognite nascoste dietro il cambio di regime, tra cui quella di un’adesione inconsapevole ai principi occidentali, ritiene sia inevitabile per l’Albania specchiarsi sulla sua storia e i suoi miti salvatori, siano essi quelli del nazionalismo ottocentesco, quelli del comunismo o quelli del consumismo capitalistico occidentale. Una scrittura semplice e mai banale quella dell’intellettuale albanese, uno stile lineare, dove le parole usate e i concetti espressi conoscono un imperituro equilibrio , tipico di chi vuole far sentire il proprio grido di dolore, senza che il lettore venga distratto da altro.
Validamente accurate le descrizioni delle figure che animano il volume, senza ignorare quelle delle ambientazioni e delle emozioni. Perché Lubonja consegna la lettore lo strazio, la devastazione, il pestaggio delle più elementari delle dignità umane e lo fa senza schiaffeggiarlo. Non racconta solo di dittatura, ma di evoluzione, politica, forme di riscatto volute, cercate e mai esuadite e lo fa con grande cognizione di causa e calma serafica, di chi conosce tutti i fatti di cui parla.

Intervista sull’Albania
Dalle carceri di Enver Hoxha al liberismo selvaggio.
Corre l’anno 2004 quando vede luce la seconda pubblicazione di Lubonja in Italia, che porta il marchio della casa editrice Il Ponte.
Con Intervista sull’Albania. Dalle carceri di Enver Hoxha al liberismo selvaggio, l’autore volge lo sguardo in maniera precisa e generale alla storia dell’Albania, dalla dittatura alla nuova democrazia. Anche in questo caso, la sua analisi si fa critica e cristallina: non teme di ferire, non ha paura di raccontare Fatos. Come scrive Dacia Maraini nella presentazione contenuta nel volume, è un’intervista precisa e delicata di Claudio Bazzocchi (filosofo e curatore dell’opera) a Lubonja, che si legge come fosse un avvincente e interessante romanzo.
Dalle risposte dell’autore, si evince tutto il suo amore per l’Albania, quello stesso Paese che ha lacerato la sua anima, con ben diciassette anni di prigionia. Le idee che l’intellettuale esprime sono chiare, dirette e aspre. La dittatura e i suoi meccanismi malati e poi il caos, la confusione e un sistema governativo ricco di contraddizioni, che non accenna ad alcuna forma di redenzione. Si rievocano, nel testo, gli anni del carcere, si analizza la vita politica dopo la caduta del regime, si polemizza con gli intellettuali che hanno anche indirettamente sostenuto la dittatura, tra cui, a suo parere, Ismail Kadare.

Subito dopo la sua scarcerazione, Fatos Lubonja si impegna nella difesa dei Diritti Umani come Segretario Generale dell’Helsinki Committee albanese.
Nel 1994 fonda la rivista trimestrale Përpjekia (Impegno), con l’impegno indirizzato ad introdurre lo spirito critico nella cultura albanese. Sono in diversi a collaborare con questo progetto editoriale, tra cui autori di un certo calibro come Bashkim Shehu e Shkëlzen Maliqi.
Le pubblicazioni contenute nella rivista sono le più svariate, dai racconti, alle poesie, agli scritti di critica letteraria e culturale, sino a valutazioni critiche sugli sviluppi politici nel Paese.
Lubonja, oggi, è uno dei personaggi più controversi, tra i più apprezzati e criticati in Albania e manifesta il suo impegno lavorando come giornalista e non lasciandosi tentare dalla possibilità di emigrare, continuando, così, nonostante tutto, ad amare il suo Paese.