Una presenza che sfugge
di Durim Taci

“È fine ottobre. Abbiamo ricevuto l’ordine di sgomberare l’edificio. Si metteva a disposizione dell’esercito, ma c’era anche un pericolo reale. Le altre ragazze dei paesi del campo socialista, di varie nazionalità, erano già partite. Sarebbero tornate di nuovo, si diceva, appena risolta la crisi. Io, invece, lo sapevo, dovevo lasciare Berlino per sempre.
L’Albania interrompeva i rapporti diplomatici con la Repubblica Democratica Tedesca, perché alleato stretto dell’Unione Sovietica, con la quale aveva già troncato ogni relazione un anno prima, nel 1960. Si sanno queste cose.
Non avevo ancora preparato il mio viaggio di ritorno e non sapevo ancora con quale mezzo lasciare Berlino Est. Mi nascondevo ancora lì dentro per guadagnare tempo. Guardavo dalla finestra i cannoni dei carri armati alzati.
Tutto il mondo era preoccupato che potessero sparare da un momento all’altro! Sentivo la radio! Di notte, non potevo dormire. Più che dalla paura, dalle luci accecanti degli americani che illuminavano tutto. Non vedevo l’ora di scappare da lì. Aspettavo solo il postino con il mio biglietto.”