Nel 2020, Bergamo è stata una delle città più colpite dal virus da Covid-19 ed è da questo luogo pregno di incredulità, che Durim Taci, in tre settimane, scrive il suo Una presenza che sfugge (Lubrina Bramani Editore, 2021). Siamo in piena pandemia e lo scrittore Donat Dora lascia Bergamo poiché si sente “costretto” a riprendere un viaggio in compagnia di Marta, una sua vecchia conoscenza, che vuole raggiungere Berlino a ogni costo.
La narrazione, che copre un lasso temporale di sessant’anni, si alterna tra emozioni e verità. Un viaggio che colpisce e a dirlo, nei righi che seguono, è una lettrice, Patrizia Ravanelli, che con molta attenzione e passione, esprime un giudizio carico di delicata sensibilità.

Caro Durim, ho letto il tuo libro.
Io sono una lettrice da sempre, che ha trovato nei libri tanto di quello che cercava e che predilige la letteratura ai saggi, convinta che attraverso le parole e le immagini che crea, possa illustrare pezzi di storia e sentimenti forti, che si sviluppano attorno ad essa. Non mi permetto quindi di pormi come ‘la critica’ che analizza il libro: voglio solo dirti quanto esso mi ha dato, ha dato a ME.
Sono rimasta affascinata fin dalle prime parole dal fluire della scrittura, ne sono stata avvolta, sono stata riportata al tempo del Covid (quello ‘forte’ dello scorso anno), mi è stato svelato quello che forse non avevo neppure visto e sentito. Allora, tutto avveniva giorno per giorno e la stranezza di quel tempo era diluita dalla capacità che noi umani abbiamo di adattarci a ogni circostanza.
Attraverso la lettura del tuo libro, io ho veramente sentito l’angoscia della soffocante prigione in cui siamo stati rinchiusi. Il tuo viaggio, la meta difficile da raggiungere, un percorso in cui sembra che siate soli tu e lei, un cammino vostro, tu per ripagare un danno, lei per cercare qualcosa che l’ha tenuta viva anche nei momenti bui. Durante questo viaggio, in realtà, non c’è nessuno, persino nel treno siete soli, il personale ferroviario agisce come il coro nell’opera, fa da sottofondo, non entrando mai nel vostro vagone.
Non so quanto ci sia di ‘vero’, di effettivamente avvenuto nel viaggio che tu narri, ma sembra così reale, tanto da immaginarti in quella macchina, a quelle frontiere, su quel treno, in quelle strade di Berlino. Lo scrittore che sei mi ha portato NEL libro, NEL viaggio.
E poi tutti i luoghi che conosco… ti vedo muoverti, riconosco le persone che percorrono le tue pagine e sento tutto “estremamente vero”. (Questa è stata una mia fortunata prerogativa, sentirmi DENTRO i luoghi del libro, ma ti ho anticipato che volevo semplicemente esprimerti quello che il tuo scrivere ha dato A ME)
Come ho accennato, non sono una persona con le capacità di analisi critica della scrittura; forse, sono brava solo a percepire i sentimenti, però, qualcosa voglio dirti anche io.
Questo è il tuo libro migliore dei tre che ho letto, le parole creano suggestioni, sono scandite in modo che il lettore ne sia avvinto e che senta di dover proseguire e proseguire. La sequenza dei capitoli ti porta in due mondi diversi, quello del quotidiano e quello del viaggio; la ‘storia, quella di tutti, quella avvenuta, si inframmezza rapida e incisiva per dirci come ogni cosa che avviene attorno a noi ci crea, ci modifica, ci affligge e alcune volte ci sconfigge.
Patrizia Ravanelli
